Le Sfere Celesti nell'ANTICA ROMA
<<Cultura dell'Antica Roma: <<"Fato Astrologico" o "Necessità Astrale">>?
Le dottrine astrologiche giunsero nel mondo latino attraverso la cultura ellenistica e fu allora che si incontrarono con le concezioni stoiche della natura.
Esse contribuirono alla genesi di una cosmologia o metafisica della natura quale ordine razionale, scandito dal moto degli astri: fato o destino, se esteso alla vita dell'uomo. Come teoria matematica dei moti planetari, l'astrologia ebbe grande parte nella concezione stoica della "Ciclicità del Divenire", 'Eterno ritorno di ogni evento generato dal ritorno delle stesse posizioni degli Astri (allo scadere di ciascun "grande anno" ).
Posidomio di Apamea, maestro di Cicerone, del quale sono rimasti solo pochi scritti; esercitò l'influenza decisiva nel permeare di elementi astrologici la filosofia stoica, sviluppando la teoria del"Fato Astrologico" o "Necessità Astrale". Egli asserì che sussisteva il cosmo come un organismo vivente del rapporto uomo-mondo inteso come dialettica tra microcosmo e macrocosmo, e la dottrina dell'immortalità e preesistenza dell'anima individuale.
Di contro a questa posizione stoica, deterministica, per cui l'Astrologia è scienza matematica che spiega razionalmente la Causalità necessaria di tutti gli eventi a partire dal moto dei corpi meteorici, si affermò anche un'altra teoria di impronta neoplatonica (leggere Plotino in Enneade Il, libro III) in base al quale tutti i moti degli Astri "non sarebbero Cause Necessarie degli eventi, ma solo segni o indizi significativi di eventi possibili" (205 - 270 a.C.), concetto che fu ripreso più tardi dei tomistici.' Nel mondo classico il determinismo si presentò in due aspetti: uno propriamente fisico e un altro morale. Per esempio Democrito concepì la natura come interamente regolata dal movimento degli Atomi nello spazio vuoto. Tale rigido Determinismo materialistico, al quale anche l'uomo e la sua stessa anima erano soggetti, trovò una parziale rettifica attraverso gli scritti di Epicuro (347 -270) e poi in quelli di Lucrezio il cui fine era quello di rinvenire un fondamento fisico alla Possibilità del libero volere e del caso. Entrambi introdussero il concetto di Clinamen (Deviazione), per cui gli Atomi (come i pianeti) sono in grado di mutare spontaneamente la propria direzione e di infrangere la catena delle cause necessarie.
L'età romana non fu soltanto un periodo di sete di sangue, ma anche di pessimismo e di completa sfiducia nel potere dell'uomo di costruirsi un avvenire.
L'esistenza e la propaganda del Governo Imperiale che pretendeva di godere dell'appoggio delle Antiche divinità, non bastava a distruggere la sensazione profondamente radicata che ogni uomo e ogni cosa fossero in balia dei capricci della Sorte o Fortuna in tutto il Mondo;
infatti scriveva Plinio il Vecchio:
"In ogni luogo ed ora, solo la fortuna è invocata e nominata da tutti; essa solo si accusa, si condanna, medita, discute, onora di insulti: incerta fautrice degli 'indegni.. .
In tutto il mondo Mediterraneo fin dal III° sec. a.C., milioni di persone credevano che tutto fosse governato dall'Imponderabile, e molti erano certi che il Caso o la Fortuna fossero entità inaccessibili all'intelligenza umana comune; concetto espresso dal poeta latino Ovidio il quale scrive:
"FORTUNA, LIETA DEL SUO TRISTO OFFICIO,
Esse contribuirono alla genesi di una cosmologia o metafisica della natura quale ordine razionale, scandito dal moto degli astri: fato o destino, se esteso alla vita dell'uomo. Come teoria matematica dei moti planetari, l'astrologia ebbe grande parte nella concezione stoica della "Ciclicità del Divenire", 'Eterno ritorno di ogni evento generato dal ritorno delle stesse posizioni degli Astri (allo scadere di ciascun "grande anno" ).
Posidomio di Apamea, maestro di Cicerone, del quale sono rimasti solo pochi scritti; esercitò l'influenza decisiva nel permeare di elementi astrologici la filosofia stoica, sviluppando la teoria del"Fato Astrologico" o "Necessità Astrale". Egli asserì che sussisteva il cosmo come un organismo vivente del rapporto uomo-mondo inteso come dialettica tra microcosmo e macrocosmo, e la dottrina dell'immortalità e preesistenza dell'anima individuale.
Di contro a questa posizione stoica, deterministica, per cui l'Astrologia è scienza matematica che spiega razionalmente la Causalità necessaria di tutti gli eventi a partire dal moto dei corpi meteorici, si affermò anche un'altra teoria di impronta neoplatonica (leggere Plotino in Enneade Il, libro III) in base al quale tutti i moti degli Astri "non sarebbero Cause Necessarie degli eventi, ma solo segni o indizi significativi di eventi possibili" (205 - 270 a.C.), concetto che fu ripreso più tardi dei tomistici.' Nel mondo classico il determinismo si presentò in due aspetti: uno propriamente fisico e un altro morale. Per esempio Democrito concepì la natura come interamente regolata dal movimento degli Atomi nello spazio vuoto. Tale rigido Determinismo materialistico, al quale anche l'uomo e la sua stessa anima erano soggetti, trovò una parziale rettifica attraverso gli scritti di Epicuro (347 -270) e poi in quelli di Lucrezio il cui fine era quello di rinvenire un fondamento fisico alla Possibilità del libero volere e del caso. Entrambi introdussero il concetto di Clinamen (Deviazione), per cui gli Atomi (come i pianeti) sono in grado di mutare spontaneamente la propria direzione e di infrangere la catena delle cause necessarie.
L'età romana non fu soltanto un periodo di sete di sangue, ma anche di pessimismo e di completa sfiducia nel potere dell'uomo di costruirsi un avvenire.
L'esistenza e la propaganda del Governo Imperiale che pretendeva di godere dell'appoggio delle Antiche divinità, non bastava a distruggere la sensazione profondamente radicata che ogni uomo e ogni cosa fossero in balia dei capricci della Sorte o Fortuna in tutto il Mondo;
infatti scriveva Plinio il Vecchio:
"In ogni luogo ed ora, solo la fortuna è invocata e nominata da tutti; essa solo si accusa, si condanna, medita, discute, onora di insulti: incerta fautrice degli 'indegni.. .
In tutto il mondo Mediterraneo fin dal III° sec. a.C., milioni di persone credevano che tutto fosse governato dall'Imponderabile, e molti erano certi che il Caso o la Fortuna fossero entità inaccessibili all'intelligenza umana comune; concetto espresso dal poeta latino Ovidio il quale scrive:
"FORTUNA, LIETA DEL SUO TRISTO OFFICIO,
(La Dea Fortuna, su un denaro romano)
E TENACE NEL SUO GIOCO MUTEVOLE,
ALTERNA GLI INSTABILI ONORI,
TALORA A ME, TALORA ALTRUI BENIGNA".
Una Coppa d'Argento scoperta a Boscoreale, presso Pompei, ed ora al Museo di Louvre mostra scheletri umani con 1 scritta:
"Godi la vita mentre sei vivo perché il domani è incerto"
Uno degli scheletri tiene in mano una grossa borsa di quattrini con su scritto: 'Invidia' e una 'Farfalla' (che rappresenta l'anima umana) Accanto, scheletri più piccoli suonano la lira e battono le mani.
"Si ! La miglior cosa e una borsa piena, con piaceri che permette di acquistare:
"Si! Spendi i tuoi soldi fino a che sei in tempo".
La credenza nella Fortuna, del resto, si estendeva ben oltre i confini del mondo greco-romano e sopravvisse alla Roma Imperiale.
Dante la invocò durante il Medio Evo, mentre in molti paesi si continuò a mostrarle la stessa devozione appassionata, rappresentandola in vari dipinti.
Già nel l° secolo a.C., si iniziò a parlare più del Fato e meno della Fortuna. Il loro rapporto era vago ed oscillante; non è detto che vi sia una grande differenza fra "il Caso ha così voluto” o "era destino che così fosse", o altre frasi simili. Tutte queste affermazioni implicano l'Esclusione o la restrizione del valore di libertà di scelta ' quindi anche limitazione della condotta umana e della propria autonomia. Orazio così apostrofa la Fortuna, come se il Fato la precedesse:
"SEMPRE A TE INNANZI VA L'INESORABILE
NECESSITA' CHE NELLA MANO FERREA (forse Marte )
TIEN CUNEI, CHE ODI TRABALI
E DURI UNCINI E LIQUEFATTO PIOMBO" (forse riferito a Saturno").
Il filosofo del III secolo a.C. Alessandro di Afrodisia, osservò come fosse illogico credere contemporaneamente alla Fortuna e Fato. Alcuni collocavano le due personificazioni, o divinità in regioni distinte dell'Universo: la Necessità al disopra della Luna e il caso e i demoni maligni sono al disotto. Altri salutavano il "Fato" come possibile via di scampo dalla "Fortuna Cieca" . Il Fato , nel complesso appariva più rispettabile: " Almeno era una causa , un esile filo che corre lungo tutta l'esistenza" come aveva asserito il fondatore dello Stoicismo Zenone (335 - 263 a.C.). Il suo antagonista Epicuro, riteneva che la miglior cosa fosse essere schiavi degli Dei, per quanto inutili, ma anche del Destino dei filosofi.
"I Fati reggono il mondo, le cose stanno in forza di una legge implacabile
.... Nascendo muoriamo e la fine è racchiusa nel Pricipio"
cantava il poeta Manilio agli albori del l secolo, mentre Aurelio Fusco, maestro di Ovidio, così riporta:" Dalla nascita è fissato ad ognuno il giorno della morte". Ambedue gli scrittori esprimono la credenza nell'inevitabile "Ferreo destino" che dava allo stoicismo, nonostante la sua fede apparentemente contraria a Dio e all'etica, il carattere di una dottrina cupamente Meccanicistica . Cicerone si rifiuta di accettare una Forza Cieca come "Legge del Cosmo". Per lui il Fato è: l'ordine e la concatenazione delle cause e degli effetti" : per quanto riguarda la Fortuna, essa si invoca soltanto a causa della "Oscurità delle cose e della nostra ignoranza (Cicerone, Acad. 1, VII, 30).
La risposta di Tacito al "Dilemma di un Fato Onnipotente" o di una "Volontà Umana Libera", non è meno pensosa, ma più tormentata, pensosa ed indecisa . Fatalista , egli accetta l'intervento attivo del fato solo quando non siano disponibili altre cause. - Tacito inclina verso un "Compromesso Storico" : "Ammettere la determinazione delle vicissitudini esterne dell 'uomo non da farne dipendere la vita interiore da una Scelta personale" .
Egli asserisce che: "E' in noi la Scelta del nostro modo di vivere"; ma, interessante è il commento a proposito delle facoltà profetiche di cui sì diceva godesse l'Astrologo Tiberio Trasillo: ".. "professano altri l'opinione che ogni cosa sia governata dal Fato, non già secondo gli Astri, ma per naturale concatenazione dl cause determinanti; Libera è in noi la scelta del nostro modo di vivere "
Verso la fine del II° secolo la difficile tematica passò sotto il vaglio del filosofo greco-siriaco Luciano di Somosata, scettico ed umorista paradossale, il quale approdava con semplicità verso il Nichilismo; egli asseriva che "Non bisogna nutrire nè speranze nè timori , ma ridere delle follie e delle pretese altrui"
La credenza dl un Fato più o meno irremovibile, o dl un Cieco Caso furono l'origine di un diffuso senso della Vanità delle cose della vita che Seneca descriveva come caratteristico del suo tempo. Un enorme maggioranza della popolazione dell'Impero romano, inclusi molti uomini istruiti, credevano nella influenza delle Selle e la loro accettazione al fato o alla fortuna, traeva vigoroso impulso da questa fede.
Credevano che il Sole e la Luna, come tutti i Pianeti, attraverso il loro movimento influissero sulla Vita, sulla Morte, e anche sul destino e sulle fortune del genere umano. In tutto l'Impero tale credenza era così dominante e quasi universale, che sì deve ritenerla in quell'epoca "la religione per antonomasia del mondo mediterraneo"
La base della credenza negli astri, nasceva da una convinzione generale poiché esisteva una certa armonia fra la Terra e gli altri Corpi Celesti; una simpatica armonia cosmica, per mezzo della quale tutti erano sottoposti alle stesse leggi celesti.
L'uomo comune sentiva ed i filosofi insegnavano che esisteva unità nel cosmo e interdipendenza fra le sfere.
Oltre il vasto e spettacolare moto degli astri, come dietro le evoluzioni degli eserciti omerici davanti alla Città di Troia, doveva persistere un ordine, e questo ordine, doveva certamente prevalere anche quaggiù.
Bisogna ammettere una corrispondenza fra cielo e terra come aspetti complementari dell' universo: come conseguenza, ciò che accadeva in alto doveva riprodursi anche in basso, conformemente allo scambio incessante dì molecole ed effluvi fra i due mondi.
Si credeva inoltre che le sfere sì nutrissero delle emanazioni dalla terra perciò sembrava ragionevole supporre che altre emanazioni inverse alle precedenti, influissero profondamente sulla terra e gli esseri che vi abitano. Veniva così limitato il potere di questi nel prendere decisioni autonome in quanto governati dalle immutabili, fredde ed indifferenti sfere . L'Astronomia e l'astrologia, in quel periodo storico fuse fra dì loro, vennero come “Uccise”. Queste scienze suscitarono un grande entusiasmo in Platone e, dopo dì lui, divennero la causa delle massime conquiste della scuola Alessandrina.
Seguendo i Poeti tragici che descrivevano come divinità il sole la luna e le stelle; anche Platone affermava il loro carattere divino e inserì nella trama del suo stato ideale, una complessa ideologia astrale.
Fu uno sconosciuto studioso d'Apamea in Siria (185-150 a.C.) che accolse i principi base dell'astrologia come "Chiave dell' Armonia dell'Universo". Ricco dì ingegno e di sconfinato desiderio dì sapere, contribuì a diffondere una rinnovata passione per i fenomeni fisici accettando l'astrologia la quale scienza pura, e la trasmise come tale nei secoli a venire.
Fu questa una delle cause per cui l'astrologia, scienza sacra godette tanta popolarità. Bisogna ricordare a proposito, come gli antichi romani attuavano riti e culti al Dio Sole, come in fondo già da tempo facevano i Persiani (a tale proposito ricordare i culti al Dio Mitra e quanto scritto nello Zand-Avesta, libro sacro di Zaratustra o Zoroastro. Lo studioso babilonese così prosegue: 'Nonostante le nostre differenze di linguaggio, ciascuno di noi vede la stessa luna e lo stesso sole”.
In Babilonia il significato della Luna prese il sopravvento su quello del Sole poiché sì era scoperto che le maree e le loro influenze erano dì origine strettamente lunare.
Oggi è facile comprendere quanto vi fosse dì arbitrario e fantastico soprattutto se consideriamo la marea lunisolare, specialmente evidente durante i momenti di siggizie o d' eclissi.
Le precipitose associazioni d’idee e le generalizzazioni frettolose che portarono a deduzioni ingiustificate dalla fisica alla psicologia. In altre parole, sembrava molto Coerente, la dottrina dei corpi celesti i quali avrebbero avuto un'influenza su tutte le azioni umane e le proprietà fisiche della terra.
Per gli Stoici, l'astrologia appariva un'eloquente manifestazione del razionalismo Universale. Per questi tale scienza aveva il pregio di essere chiara, completa ed indiscutibile.
Si potrebbe pensare che le scienze astrologiche avrebbero potuto soppiantare sul piano logico le Credenze dell'Immortalità celeste, ma non fu così; al contrario il fondo Religioso dell' astrologia sì riaffermò. Un poeta, che sì ritiene fosse il grande astronomo e geografo del Il sec. dell'era V., Tolomeo di Alessandri, scrisse quattro libri proclamanti la sua devozione all'astrologia, rendendo omaggio allo Spirito Divino che presiede "L'ordine delle Sfere Celesti", e a tal proposito egli scrive. "So di essere un mortale, una creatura di un giorno; ma quando scruto le multiformi e roteanti Spire (Sfere) delle stelle, i miei piedi non sono più sulla terra, ma accanto a Zeus; mi sazio d'ambrosia con il cibo degli dei".
Gli abitanti del mondo romano avevano un senso acutissimo del significato religioso e ritualistico delle suddivisioni del tempo: i secoli, gli anni, le stagioni, le ore, i minuti. Sotto l'influenza dl Platone, queste erano considerate come corpi o divinità, e venerate come tali da Zenone e la maggior parte degli stoici.
All'innumerevole massa dì antichi romani che credevano nell'astrologia, sembrava intollerabile scoprire fra la sua conoscenza, la realtà dl un destino meccanicistico assai oppressivo, destino che, se logicamente compreso, portava a non credere al Libero Arbitrio, poiché esso sarebbe stato insito nella dinamica micro-macrocosmica eterna, comprensibile solo a pochi.
Risolvere o veder chiaro l'antico problema del Libero Arbitrio, ancor oggi non risolto, era una difficile impresa che poteva esser condotta avanti solo dagli astrologici esperti e dì professione. Il loro compito era quello dì studiare in modo particolare i 7 pianeti indicati dagli antichi in Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna a loro si attribuivano una grande influenza su tutto ciò che "Stava di sotto", in particolare su quello che era ritenuto il "Centro del Sistema: la terra e gli uomini.
L'influenza dei pianeti sembrava tanto più crudelmente decisa ed inesorabile, in quanto ogni pianeta era considerato come il sovrano dì una sfera che racchiudeva la terra, e ognuna dì queste sfere era immaginata come un muro trasparente di cristallo. Così i 7 Cerchi concentrici separavano la Terra dal Cielo ed ostacolavano le Anime nel loro "Volo verso l'Alto"
Il sistema zodiacale era basato sull'ordine Tolemaico, geocentrico dei pianeti, sistema che derivava certamente dall'antica babilonia la quale era stata insegnante di astronomia a tutto il mondo ellenico e persiano.
Dopo i pianeti, il secondo grande elemento di questa miscela di scienza e fantasia, era rappresentato dallo Zodiaco: "Cintura di stelle, Grande corridoio celeste, il cui nome greco significa "Immagini di animali". Scriveva Cicerone:
"Vi è una forza di tal natura che ogni sua parte influisce sul cielo, e lo modifica in modo diverso a seconda delle stelle, che in un dato momento si trovano in una località precisa". Erano 12 le Costellazioni alle quali si attribuiva l'influenza più potente del Destino Umano. Alcuni scrittori collegano i pianeti non solo al Tempo, alla Terra madre, e alle stagioni, ma anche ai tradizionali Dei olimpici, rappresentandoli come un anello circolare il cui centro è Giove, Signore del "Tutto".
Abbiamo già accennato come la maggioranza degli abitanti dell'Impero Romano credevano nell'influenza delle sfere celesti, in modo particolare ai 7 pianeti e ai punti dello Zodiaco.
Il popolo credeva che le cinque Sfere decretavano cosa doveva accadere e che l'uomo ha facoltà di leggere e scoprire in anticipo i decreti.
Già nel 300 a.C. circa, l'allievo dì Aristotele, Teofrasio, affermò che la cosa più straordinaria della sua epoca era la capacità dei caldei (Così erano chiamati gli astrologi per la loro origine mesopotamica), dì predire non solo gli eventi dì interesse pubblico, ma persino la vita e la morte dei singoli. Fu in quel periodo che per la prima volta sì diffusero anche in Grecia. Infatti, come racconta Diodoro, gli astrologi sì misero a profetizzare le vicissitudini di prosperità e sventura non solo dei popoli, o dei paesi, ma anche dei Re e dì persone comuni. Una delle principali attività degli astrologi dì mestiere, consisteva nel fornire oroscopi servendosi a questo fine di sistemi dello zodiaco più o meno complicati per registrare la posizione dei corpi celesti e dei segni dello zodiaco all'atto del concepimento di un individuo si da determinare la fortuna o l'avvenire di questi.
Il primo oroscopo conservatosi risale al 410 a.C., ma certi aspetti della loro tecnica sono ancora più antichi e provengono dalla Babilonia pre-ellenica, dove sì usava predire il destino dei fanciulli secondo la posizione del sole, della luna e degli altri pianeti del sistema solare.
Il centro degli studi astrologici era Alessandria d'Egitto, ma anche in Italia, questa scienza soppiantò l'antico metodo di leggere il "Volo degli degli uccelli" o delle "interiora delle vittime sacrificate" 139 a.C.). La grande voga degli Astrologi, però, non era dovuta soltanto alle loro doti profetiche dell'Astrologia Fatalistica o Scientifica, ma interessante era verificare come l'accettazione incondizionata di un universo meccanicistico, non soddisfaceva l'umana sete dl una "Guida Spirituale".
Fu perciò che accanto a tali studi sorse e si sviluppò l'arte dell' "Astrologia Catartica". La sua teoria consisteva nel fatto che i Pianeti o le Sfere Celesti esercitassero una realtà sulla vita umana, un influsso potente si, ma non inesorabile; così che determinando i giorni, le ore e i minuti di predominanti influenze astrali, gli astrologi potevano consigliare ai loro clienti il modo di "Tenere in scacco i cieli" decidendo o evitando certe azioni nei momenti o nelle stagioni più favorevoli.
Gli uomini più colti dell'epoca sostennero che l'uso di una tecnica appropriata, permetteva effettivamente di scoprire l'avvenire e, per riuscirvi, l'astrologia era l'unico metodo Scientifico.
La Consacrazione del Panteon al Sole, alla Luna e alle Stelle, ad opera di Augusto, è un atto storico che va ricordato, anche se non bisogna di¬menticare che nello stesso periodo storico, per timore che "Certi oroscopi" potessero incoraggiare questo o quel nobile a pretendere il Trono, fu Creata una specie dl Legge mirante ad espellere gli astrologi da Roma Tiberio, sebbene uomo dì alto livello intellettuale,
credeva profondamente nell'astrologia, anzi, egli aveva come amico un celebre astrologo contemporaneo, Trasillo di Alessandria, platonico convinto e autore di un trattato di numerologia e scritti astrologici molto influenti. Egli aveva lavorato nel Centro filosofico di Rodi, dove Tiberio, durante un solitario periodo di esilio sotto Augusto, lo aveva incontrato e fu allora che egli Cominciò ad interessarsi d’ astrologia. Per Curiosità sì può aggiungere che il figlio dell'Astrologo Baibilio fu influente uomo dì corte e Astrologo di Nerone. Infatti, sulle monete ufficiali romane vi sono abbondanti segni delle credenze e delle attività oroscopiche. Uno dei segni numismatici preferiti da Augusto fu il Capricorno, segno zodiacale del suo "Concepimento". Quando il figlio dì Domiziano morì in tenera età, fu raffigurato seduto sul Globo Terrestre, come Giove Fanciullo con le mani protese verso le stelle.
La fede cieca nell'Astrologia non mancò di suscitare reazioni contrarie durante il Il secolo a.C. quando nacquero i primi moti di resistenza contro il fatalismo; nel secolo successivo la fede in questa scienza non riuscì ad accattivarsi le simpatie dì Lucrezio, Cicerone o Cesare. Infatti, i poeti romani non si astennero da consultazioni astrologiche, anche se queste erano circondate da più o meno profondo scetticismo.
Negli anni che seguirono l'ebreo Filone, l'enciclopedico Plinio il Vecchio, il siriaco Giovenale e l'agricoltore Columella non furono più credenti assertori di tale scienza sacra.
Comunque Tacito, nei confronti di questa scienza, sospese il giudizio accettando come vera l'Astrologia fatalistica ritenendola possibile di errore a causa dell'incapacità di alcuni "mestieranti'.
In quel periodo di tempo sebbene le fortune degli astrologi fossero contrastate dall'ascesa delle religioni mistiche, pochi pensatori seri mettevano in dubbio l'influenza degli Astri sulle vicende umane.
Un avversario ostinato apparteneva allo stesso circolo dì Adriano, il grande Imperatore assai incline allo studio dell'astrologia: il suo nome era Favorino dì Arelate (Arles), dotto enciclopedico che, pur dichiarando "Follia" l’opposizione al Signore dì 30 Legioni, sì schierò contro gli astrologi con 14 argomenti che minavano le basi delle fantastiche generalizzazioni e deduzioni su cui gli oroscopi si fondavano.
Fu da allora che l'astrologia perse il suo prestigio sotto l'imperatore stoico Marco Aurelio e sotto Antonino Pio (121- 138 d.C.). La sua influenza rimase enorme nel corso della storia e della cultura in genere.
Il dotto Bizantino dal nome di cui si conosce solo il nome, Stefanio, considerava l'Astrologia: "La più utile di tutte le arti e la regina delle scienze". Per terminare riportiamo quanto scrisse Shakespeare il quale pur condividendo le idee scientifiche del suo tempo, allude all'Astrologia credendo all'influenza del Sole, della Luna e dei pianeti sulla materia e sulla stessa vita. Ma egli è forse uno dei pochi a non credere all'influenza dei Corpi Celesti sul destino individuale, e Vladimìr Majakovskij (1893-1930) il quale in una poesia scrive:
<<S'io non fossi poeta, sarei diventato un Astrologo>>.
di Alessandro D'Angelo
ALTERNA GLI INSTABILI ONORI,
TALORA A ME, TALORA ALTRUI BENIGNA".
Una Coppa d'Argento scoperta a Boscoreale, presso Pompei, ed ora al Museo di Louvre mostra scheletri umani con 1 scritta:
"Godi la vita mentre sei vivo perché il domani è incerto"
Uno degli scheletri tiene in mano una grossa borsa di quattrini con su scritto: 'Invidia' e una 'Farfalla' (che rappresenta l'anima umana) Accanto, scheletri più piccoli suonano la lira e battono le mani.
"Si ! La miglior cosa e una borsa piena, con piaceri che permette di acquistare:
"Si! Spendi i tuoi soldi fino a che sei in tempo".
La credenza nella Fortuna, del resto, si estendeva ben oltre i confini del mondo greco-romano e sopravvisse alla Roma Imperiale.
Dante la invocò durante il Medio Evo, mentre in molti paesi si continuò a mostrarle la stessa devozione appassionata, rappresentandola in vari dipinti.
Già nel l° secolo a.C., si iniziò a parlare più del Fato e meno della Fortuna. Il loro rapporto era vago ed oscillante; non è detto che vi sia una grande differenza fra "il Caso ha così voluto” o "era destino che così fosse", o altre frasi simili. Tutte queste affermazioni implicano l'Esclusione o la restrizione del valore di libertà di scelta ' quindi anche limitazione della condotta umana e della propria autonomia. Orazio così apostrofa la Fortuna, come se il Fato la precedesse:
"SEMPRE A TE INNANZI VA L'INESORABILE
NECESSITA' CHE NELLA MANO FERREA (forse Marte )
TIEN CUNEI, CHE ODI TRABALI
E DURI UNCINI E LIQUEFATTO PIOMBO" (forse riferito a Saturno").
Il filosofo del III secolo a.C. Alessandro di Afrodisia, osservò come fosse illogico credere contemporaneamente alla Fortuna e Fato. Alcuni collocavano le due personificazioni, o divinità in regioni distinte dell'Universo: la Necessità al disopra della Luna e il caso e i demoni maligni sono al disotto. Altri salutavano il "Fato" come possibile via di scampo dalla "Fortuna Cieca" . Il Fato , nel complesso appariva più rispettabile: " Almeno era una causa , un esile filo che corre lungo tutta l'esistenza" come aveva asserito il fondatore dello Stoicismo Zenone (335 - 263 a.C.). Il suo antagonista Epicuro, riteneva che la miglior cosa fosse essere schiavi degli Dei, per quanto inutili, ma anche del Destino dei filosofi.
"I Fati reggono il mondo, le cose stanno in forza di una legge implacabile
.... Nascendo muoriamo e la fine è racchiusa nel Pricipio"
cantava il poeta Manilio agli albori del l secolo, mentre Aurelio Fusco, maestro di Ovidio, così riporta:" Dalla nascita è fissato ad ognuno il giorno della morte". Ambedue gli scrittori esprimono la credenza nell'inevitabile "Ferreo destino" che dava allo stoicismo, nonostante la sua fede apparentemente contraria a Dio e all'etica, il carattere di una dottrina cupamente Meccanicistica . Cicerone si rifiuta di accettare una Forza Cieca come "Legge del Cosmo". Per lui il Fato è: l'ordine e la concatenazione delle cause e degli effetti" : per quanto riguarda la Fortuna, essa si invoca soltanto a causa della "Oscurità delle cose e della nostra ignoranza (Cicerone, Acad. 1, VII, 30).
La risposta di Tacito al "Dilemma di un Fato Onnipotente" o di una "Volontà Umana Libera", non è meno pensosa, ma più tormentata, pensosa ed indecisa . Fatalista , egli accetta l'intervento attivo del fato solo quando non siano disponibili altre cause. - Tacito inclina verso un "Compromesso Storico" : "Ammettere la determinazione delle vicissitudini esterne dell 'uomo non da farne dipendere la vita interiore da una Scelta personale" .
Egli asserisce che: "E' in noi la Scelta del nostro modo di vivere"; ma, interessante è il commento a proposito delle facoltà profetiche di cui sì diceva godesse l'Astrologo Tiberio Trasillo: ".. "professano altri l'opinione che ogni cosa sia governata dal Fato, non già secondo gli Astri, ma per naturale concatenazione dl cause determinanti; Libera è in noi la scelta del nostro modo di vivere "
Verso la fine del II° secolo la difficile tematica passò sotto il vaglio del filosofo greco-siriaco Luciano di Somosata, scettico ed umorista paradossale, il quale approdava con semplicità verso il Nichilismo; egli asseriva che "Non bisogna nutrire nè speranze nè timori , ma ridere delle follie e delle pretese altrui"
La credenza dl un Fato più o meno irremovibile, o dl un Cieco Caso furono l'origine di un diffuso senso della Vanità delle cose della vita che Seneca descriveva come caratteristico del suo tempo. Un enorme maggioranza della popolazione dell'Impero romano, inclusi molti uomini istruiti, credevano nella influenza delle Selle e la loro accettazione al fato o alla fortuna, traeva vigoroso impulso da questa fede.
Credevano che il Sole e la Luna, come tutti i Pianeti, attraverso il loro movimento influissero sulla Vita, sulla Morte, e anche sul destino e sulle fortune del genere umano. In tutto l'Impero tale credenza era così dominante e quasi universale, che sì deve ritenerla in quell'epoca "la religione per antonomasia del mondo mediterraneo"
La base della credenza negli astri, nasceva da una convinzione generale poiché esisteva una certa armonia fra la Terra e gli altri Corpi Celesti; una simpatica armonia cosmica, per mezzo della quale tutti erano sottoposti alle stesse leggi celesti.
L'uomo comune sentiva ed i filosofi insegnavano che esisteva unità nel cosmo e interdipendenza fra le sfere.
Oltre il vasto e spettacolare moto degli astri, come dietro le evoluzioni degli eserciti omerici davanti alla Città di Troia, doveva persistere un ordine, e questo ordine, doveva certamente prevalere anche quaggiù.
Bisogna ammettere una corrispondenza fra cielo e terra come aspetti complementari dell' universo: come conseguenza, ciò che accadeva in alto doveva riprodursi anche in basso, conformemente allo scambio incessante dì molecole ed effluvi fra i due mondi.
Si credeva inoltre che le sfere sì nutrissero delle emanazioni dalla terra perciò sembrava ragionevole supporre che altre emanazioni inverse alle precedenti, influissero profondamente sulla terra e gli esseri che vi abitano. Veniva così limitato il potere di questi nel prendere decisioni autonome in quanto governati dalle immutabili, fredde ed indifferenti sfere . L'Astronomia e l'astrologia, in quel periodo storico fuse fra dì loro, vennero come “Uccise”. Queste scienze suscitarono un grande entusiasmo in Platone e, dopo dì lui, divennero la causa delle massime conquiste della scuola Alessandrina.
Seguendo i Poeti tragici che descrivevano come divinità il sole la luna e le stelle; anche Platone affermava il loro carattere divino e inserì nella trama del suo stato ideale, una complessa ideologia astrale.
Fu uno sconosciuto studioso d'Apamea in Siria (185-150 a.C.) che accolse i principi base dell'astrologia come "Chiave dell' Armonia dell'Universo". Ricco dì ingegno e di sconfinato desiderio dì sapere, contribuì a diffondere una rinnovata passione per i fenomeni fisici accettando l'astrologia la quale scienza pura, e la trasmise come tale nei secoli a venire.
Fu questa una delle cause per cui l'astrologia, scienza sacra godette tanta popolarità. Bisogna ricordare a proposito, come gli antichi romani attuavano riti e culti al Dio Sole, come in fondo già da tempo facevano i Persiani (a tale proposito ricordare i culti al Dio Mitra e quanto scritto nello Zand-Avesta, libro sacro di Zaratustra o Zoroastro. Lo studioso babilonese così prosegue: 'Nonostante le nostre differenze di linguaggio, ciascuno di noi vede la stessa luna e lo stesso sole”.
In Babilonia il significato della Luna prese il sopravvento su quello del Sole poiché sì era scoperto che le maree e le loro influenze erano dì origine strettamente lunare.
Oggi è facile comprendere quanto vi fosse dì arbitrario e fantastico soprattutto se consideriamo la marea lunisolare, specialmente evidente durante i momenti di siggizie o d' eclissi.
Le precipitose associazioni d’idee e le generalizzazioni frettolose che portarono a deduzioni ingiustificate dalla fisica alla psicologia. In altre parole, sembrava molto Coerente, la dottrina dei corpi celesti i quali avrebbero avuto un'influenza su tutte le azioni umane e le proprietà fisiche della terra.
Per gli Stoici, l'astrologia appariva un'eloquente manifestazione del razionalismo Universale. Per questi tale scienza aveva il pregio di essere chiara, completa ed indiscutibile.
Si potrebbe pensare che le scienze astrologiche avrebbero potuto soppiantare sul piano logico le Credenze dell'Immortalità celeste, ma non fu così; al contrario il fondo Religioso dell' astrologia sì riaffermò. Un poeta, che sì ritiene fosse il grande astronomo e geografo del Il sec. dell'era V., Tolomeo di Alessandri, scrisse quattro libri proclamanti la sua devozione all'astrologia, rendendo omaggio allo Spirito Divino che presiede "L'ordine delle Sfere Celesti", e a tal proposito egli scrive. "So di essere un mortale, una creatura di un giorno; ma quando scruto le multiformi e roteanti Spire (Sfere) delle stelle, i miei piedi non sono più sulla terra, ma accanto a Zeus; mi sazio d'ambrosia con il cibo degli dei".
Gli abitanti del mondo romano avevano un senso acutissimo del significato religioso e ritualistico delle suddivisioni del tempo: i secoli, gli anni, le stagioni, le ore, i minuti. Sotto l'influenza dl Platone, queste erano considerate come corpi o divinità, e venerate come tali da Zenone e la maggior parte degli stoici.
All'innumerevole massa dì antichi romani che credevano nell'astrologia, sembrava intollerabile scoprire fra la sua conoscenza, la realtà dl un destino meccanicistico assai oppressivo, destino che, se logicamente compreso, portava a non credere al Libero Arbitrio, poiché esso sarebbe stato insito nella dinamica micro-macrocosmica eterna, comprensibile solo a pochi.
Risolvere o veder chiaro l'antico problema del Libero Arbitrio, ancor oggi non risolto, era una difficile impresa che poteva esser condotta avanti solo dagli astrologici esperti e dì professione. Il loro compito era quello dì studiare in modo particolare i 7 pianeti indicati dagli antichi in Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna a loro si attribuivano una grande influenza su tutto ciò che "Stava di sotto", in particolare su quello che era ritenuto il "Centro del Sistema: la terra e gli uomini.
L'influenza dei pianeti sembrava tanto più crudelmente decisa ed inesorabile, in quanto ogni pianeta era considerato come il sovrano dì una sfera che racchiudeva la terra, e ognuna dì queste sfere era immaginata come un muro trasparente di cristallo. Così i 7 Cerchi concentrici separavano la Terra dal Cielo ed ostacolavano le Anime nel loro "Volo verso l'Alto"
Il sistema zodiacale era basato sull'ordine Tolemaico, geocentrico dei pianeti, sistema che derivava certamente dall'antica babilonia la quale era stata insegnante di astronomia a tutto il mondo ellenico e persiano.
Dopo i pianeti, il secondo grande elemento di questa miscela di scienza e fantasia, era rappresentato dallo Zodiaco: "Cintura di stelle, Grande corridoio celeste, il cui nome greco significa "Immagini di animali". Scriveva Cicerone:
"Vi è una forza di tal natura che ogni sua parte influisce sul cielo, e lo modifica in modo diverso a seconda delle stelle, che in un dato momento si trovano in una località precisa". Erano 12 le Costellazioni alle quali si attribuiva l'influenza più potente del Destino Umano. Alcuni scrittori collegano i pianeti non solo al Tempo, alla Terra madre, e alle stagioni, ma anche ai tradizionali Dei olimpici, rappresentandoli come un anello circolare il cui centro è Giove, Signore del "Tutto".
Abbiamo già accennato come la maggioranza degli abitanti dell'Impero Romano credevano nell'influenza delle sfere celesti, in modo particolare ai 7 pianeti e ai punti dello Zodiaco.
Il popolo credeva che le cinque Sfere decretavano cosa doveva accadere e che l'uomo ha facoltà di leggere e scoprire in anticipo i decreti.
Già nel 300 a.C. circa, l'allievo dì Aristotele, Teofrasio, affermò che la cosa più straordinaria della sua epoca era la capacità dei caldei (Così erano chiamati gli astrologi per la loro origine mesopotamica), dì predire non solo gli eventi dì interesse pubblico, ma persino la vita e la morte dei singoli. Fu in quel periodo che per la prima volta sì diffusero anche in Grecia. Infatti, come racconta Diodoro, gli astrologi sì misero a profetizzare le vicissitudini di prosperità e sventura non solo dei popoli, o dei paesi, ma anche dei Re e dì persone comuni. Una delle principali attività degli astrologi dì mestiere, consisteva nel fornire oroscopi servendosi a questo fine di sistemi dello zodiaco più o meno complicati per registrare la posizione dei corpi celesti e dei segni dello zodiaco all'atto del concepimento di un individuo si da determinare la fortuna o l'avvenire di questi.
Il primo oroscopo conservatosi risale al 410 a.C., ma certi aspetti della loro tecnica sono ancora più antichi e provengono dalla Babilonia pre-ellenica, dove sì usava predire il destino dei fanciulli secondo la posizione del sole, della luna e degli altri pianeti del sistema solare.
Il centro degli studi astrologici era Alessandria d'Egitto, ma anche in Italia, questa scienza soppiantò l'antico metodo di leggere il "Volo degli degli uccelli" o delle "interiora delle vittime sacrificate" 139 a.C.). La grande voga degli Astrologi, però, non era dovuta soltanto alle loro doti profetiche dell'Astrologia Fatalistica o Scientifica, ma interessante era verificare come l'accettazione incondizionata di un universo meccanicistico, non soddisfaceva l'umana sete dl una "Guida Spirituale".
Fu perciò che accanto a tali studi sorse e si sviluppò l'arte dell' "Astrologia Catartica". La sua teoria consisteva nel fatto che i Pianeti o le Sfere Celesti esercitassero una realtà sulla vita umana, un influsso potente si, ma non inesorabile; così che determinando i giorni, le ore e i minuti di predominanti influenze astrali, gli astrologi potevano consigliare ai loro clienti il modo di "Tenere in scacco i cieli" decidendo o evitando certe azioni nei momenti o nelle stagioni più favorevoli.
Gli uomini più colti dell'epoca sostennero che l'uso di una tecnica appropriata, permetteva effettivamente di scoprire l'avvenire e, per riuscirvi, l'astrologia era l'unico metodo Scientifico.
La Consacrazione del Panteon al Sole, alla Luna e alle Stelle, ad opera di Augusto, è un atto storico che va ricordato, anche se non bisogna di¬menticare che nello stesso periodo storico, per timore che "Certi oroscopi" potessero incoraggiare questo o quel nobile a pretendere il Trono, fu Creata una specie dl Legge mirante ad espellere gli astrologi da Roma Tiberio, sebbene uomo dì alto livello intellettuale,
credeva profondamente nell'astrologia, anzi, egli aveva come amico un celebre astrologo contemporaneo, Trasillo di Alessandria, platonico convinto e autore di un trattato di numerologia e scritti astrologici molto influenti. Egli aveva lavorato nel Centro filosofico di Rodi, dove Tiberio, durante un solitario periodo di esilio sotto Augusto, lo aveva incontrato e fu allora che egli Cominciò ad interessarsi d’ astrologia. Per Curiosità sì può aggiungere che il figlio dell'Astrologo Baibilio fu influente uomo dì corte e Astrologo di Nerone. Infatti, sulle monete ufficiali romane vi sono abbondanti segni delle credenze e delle attività oroscopiche. Uno dei segni numismatici preferiti da Augusto fu il Capricorno, segno zodiacale del suo "Concepimento". Quando il figlio dì Domiziano morì in tenera età, fu raffigurato seduto sul Globo Terrestre, come Giove Fanciullo con le mani protese verso le stelle.
La fede cieca nell'Astrologia non mancò di suscitare reazioni contrarie durante il Il secolo a.C. quando nacquero i primi moti di resistenza contro il fatalismo; nel secolo successivo la fede in questa scienza non riuscì ad accattivarsi le simpatie dì Lucrezio, Cicerone o Cesare. Infatti, i poeti romani non si astennero da consultazioni astrologiche, anche se queste erano circondate da più o meno profondo scetticismo.
Negli anni che seguirono l'ebreo Filone, l'enciclopedico Plinio il Vecchio, il siriaco Giovenale e l'agricoltore Columella non furono più credenti assertori di tale scienza sacra.
Comunque Tacito, nei confronti di questa scienza, sospese il giudizio accettando come vera l'Astrologia fatalistica ritenendola possibile di errore a causa dell'incapacità di alcuni "mestieranti'.
In quel periodo di tempo sebbene le fortune degli astrologi fossero contrastate dall'ascesa delle religioni mistiche, pochi pensatori seri mettevano in dubbio l'influenza degli Astri sulle vicende umane.
Un avversario ostinato apparteneva allo stesso circolo dì Adriano, il grande Imperatore assai incline allo studio dell'astrologia: il suo nome era Favorino dì Arelate (Arles), dotto enciclopedico che, pur dichiarando "Follia" l’opposizione al Signore dì 30 Legioni, sì schierò contro gli astrologi con 14 argomenti che minavano le basi delle fantastiche generalizzazioni e deduzioni su cui gli oroscopi si fondavano.
Fu da allora che l'astrologia perse il suo prestigio sotto l'imperatore stoico Marco Aurelio e sotto Antonino Pio (121- 138 d.C.). La sua influenza rimase enorme nel corso della storia e della cultura in genere.
Il dotto Bizantino dal nome di cui si conosce solo il nome, Stefanio, considerava l'Astrologia: "La più utile di tutte le arti e la regina delle scienze". Per terminare riportiamo quanto scrisse Shakespeare il quale pur condividendo le idee scientifiche del suo tempo, allude all'Astrologia credendo all'influenza del Sole, della Luna e dei pianeti sulla materia e sulla stessa vita. Ma egli è forse uno dei pochi a non credere all'influenza dei Corpi Celesti sul destino individuale, e Vladimìr Majakovskij (1893-1930) il quale in una poesia scrive:
<<S'io non fossi poeta, sarei diventato un Astrologo>>.
di Alessandro D'Angelo